Verso lo swing perfetto nel tennis: torque, leve svantaggiose e la coppia di spalle ed anche

Momento meccanico
Quando prendiamo una racchetta in mano e proviamo a girarla se ci capita di sentire delle differenze rispetto ad una di un altro modello questa sensazione è dovuta alla forze necessaria per “applicare” un diverso momento meccanico, torcente o torque, che dobbiamo esercitare per ruotare la racchetta. Possiamo ruotare all’altezza del polso solo la racchetta, considerare il sistema avambraccio-racchetta o l’intero sistema racchetta-braccio ma per effettuare una rotazione, intorno ad un punto chiamato polo, dobbiamo esercitare una forza in modo che l’oggetto o l’insieme di più oggetti ruotino. Ora il momento torcente è dato dalla forza moltiplicata per la distanza dal polo, tale distanza è chiamata braccio.

Pertanto a parità di forza il momento torcente sarà maggiore se il braccio è più lungo, ovvero se si desidera avere un momento torcente maggiore si può allungare il braccio invece che aumentare la forza. Il braccio della forza è la distanza tra il polo e la retta della forza. Tali principi sono alla base delle leve. Questo è il motivo per cui per svitare un bullone invece di aumentare la forza è possibile aumentare la lunghezza della chiave inglese e fare meno sforzo quando sostituiamo una ruota con una gomma bucata.

Ora quello che accade nel tennis nel momento in cui muoviamo la racchetta è che la forza agisce e si applica sempre in prossimità del polo, ovvero nel punto di riferimento in cui si ha la rotazione. Tornando all’esempio della chiave inglese è come se cercassimo di ruotare chiave e bullone facendo forza sulla parte della chiave che agganciata al bullone. Questo accade in tutte le tipologie di rotazioni del tennis: se ruotiamo all’altezza del polso la forza si esercita in quel punto, se “proniamo” o “supinamo” l’avambraccio l’asse di rotazione si colloca a metà mano (5 cm dalla fine del manico) anche in questo caso molto vicino a dove si applica la forza, se pieghiamo il gomito l’asse di rotazione è il gomito stesso, anche in questo caso il braccio potenza è molto ridotto se non addirittura coincidente al polo. La situazione non cambia se si considera il movimento all’altezza della spalla: muscoli di spalla e braccio innescano una rotazione con polo alla spalla anche in questo caso il braccio potenza della leva è minimo. Si tratta quindi a ben guardare di leve svantaggiose perché non sfruttano la lunghezza del braccio potenza in quanto la forza è sempre applicata in prossimità del polo. Per evitare fraintendimenti quando si parla di braccio potenza della forza, in questo caso, non ci riferiamo alla lunghezza del nostro braccio ma alla distanza (nella leva) tra il polo (il punto di rotazione) e il punto di applicazione della forza, quando questi due punti coincidono la leva è svantaggiosa perché il braccio resistenza è più lungo e di fatto la rotazione avviene solo per mezzo della forza applicata.

Il braccio potenza è ridottissimo, si ha solo braccio resistenza,
poichè la forza è sempre esecitata in prossimità del polo.
Nei colpi del tennis la lunghezza dei nostri arti, con l’applicazione della forza sul polo, rappresenta la lunghezza del braccio resistenza. Ora i nostri muscoli per muovere un oggetto che impugniamo agiscono sulle nostre articolazioni le quali sono poste prima, poco dopo, o in prossimità dei muscoli a seconda di quelli che utilizziamo biomeccanicamente ma il braccio potenza rischia di essere molto corto rispetto al braccio resistenza. Si tratta di leve svantaggiose dove di fatto il braccio potenza non c’è perché la forza è esercitata direttamente sul fulcro. Di fatto lo swing di una racchetta da questo punto di vista è prettamente muscolare quindi non meravigliamoci se il tennis lo è sempre di più. Di fatto quando muoviamo la racchetta con moto rotazionale utilizziamo leve svantaggiose, a tale proposito si può vedere come anche su Wikipedia la leva braccio venga classificata come svantaggiosa (qui).

Ora siamo davanti a delle leve svantaggiose su tutti gli assi di rotazione e un moto teoricamente imprevedibile quando c’è un rilascio degli assi finali (avambraccio, polso, gomito) in un moto pendolare doppio. Se vogliamo complicarci la vita tennistica potremmo solo andare avanti a testa bassa “swingando” muscolarmente nel caos.

Ma forse abbiamo altre opzioni che possono semplificare il nostro compito. Intanto se siamo davanti a leve svantaggiose è meglio utilizzare i muscoli più forti che abbiamo e un movimento a livello di spalla richiama l’utilizzo di più muscoli e più forti, dorsale, gran dorsale, pettorale, trapezio deltoide, cuffia dei rotatori, in più possono entrare in gioco bicipite e tricipite, ma lasciamo questi aspetti ad analisi biomeccaniche e le loro sinergie muscolari agli esperti del settore. Quello che cerchiamo di capire qui è se esistono soluzioni per rendere meno faticoso il lavoro necessario per far ruotare la racchetta.

Abbiamo già visto come utilizzare l’energia gravitazionale potenziale nella parte posteriore dello swing e trasformarla in energia cinetica. In questa fase la forza di gravità agisce sul baricentro del sistema come momento torcente facendolo ruotare intorno a un asse che può essere scelto volontariamente e non escludo che se ne possano scegliere tre in successione: avambraccio, gomito spalla. In questo caso c’è un braccio potenza ed è dato dalla distanza tra il punto in cui si esercita la forza di gravità e l’asse di rotazione scelto. Il nostro pendolo quindi accelera senza fatica, il lavoro lo abbiamo già svolto sollevandolo.

C’è un momento però in cui il nostro pendolo (racchetta-braccio) deve iniziare a risalire, ed anche se arriverà all’altezza da cui è partito (attriti esclusi), inizierà a perdere velocità. In questa fase, se l’intento è quello di non limitarsi a un palleggio in scioltezza, si rende necessario cercare di mantenere la velocità acquisita o cercare di addirittura di aumentarla. In questa fase esiste però un rischio ed è quello di andare ad agire muscolarmente in modo eccessivo e perdere il vantaggio acquisito in fase iniziale.

Andare ad esercitare una forza torcente con una leva svantaggiosa, stringendo la racchetta, ed irrigidendo la muscolatura ed tutto il sistema racchetta-braccio, limiterebbe o addirittura potrebbe fermare la velocità del pendolo avvenuta in scioltezza.

Anche in questa fase però c’è una condizione, esterna al sistema, che può soccorrerci ed è anch’essa correlatala al torque. Il sistema braccio racchetta è infatti attaccato al nostro corpo sarà pertanto costretto a seguirne i movimenti. Proprio nel momento della risalita possiamo infatti andare a ruotare noi stessi verso la rete del campo. Questa torsione delle anche e delle spalle nasce da un’azione esercitata sulle estremità del nostro corpo innescando una rotazione su un polo che è identificabile sull’asse centrale del nostro corpo, il quale lo taglia idealmente in due parti: naso, spalle, passa per lo sterno e il bacino separandoli in due parti uguali. È pertanto una leva migliore in cui agiscono una coppia di forze: quella esercitata dalla spalla sinistra e quella messa in atto dalla spalla destra.
(Lasciamo ai biomeccanici valutare come si sviluppa il sincronismo dei movimenti tra anche e spalle. Prendiamo in esame solo la rotazione delle spalle per semplicità).

Spalla sinistra e destra innescano forze di rotazione sull’asse centrale del corpo. Il raggio di questo cerchio sarà dato dalla distanza tra il punto in cui agisce la forza sulla spalla e il centro dello sterno. Il corpo va visto come un disco che vigliamo far girare e su cui agiscono due forze, una coppia appunto, il braccio racchetta seguirà quindi tale movimento di rotazione. Se tale rotazione avvenisse da fermo sarebbe necessario vincere l’inerzia del sistema racchetta-braccio, ma in questo caso il movimento della racchetta è già avvenuto sarà quindi abbastanza semplice mantenerne la velocità o vincere l’inerzia relativa qualora volessimo accelerarla ulteriormente.

Il rischio tal punto di vista tecnico esecutivo, come già scritto, è quello di andare in trazione muscolare e perdere i vantaggi di queste realtà fisiche finendo per svolgere più volte un lavoro inefficiente. La fluidità del movimento che sfrutta tutte le circostanze utili verrebbe meno se subisse rallentamenti e ripartenze, frenate ed accelerazioni o addirittura brusche fermate.

In tutti i colpi fondamentali del tennis possiamo utilizzare questo tipo di soluzioni: servizio, dritto e rovescio. Ci possono essere alcune differenza specifiche tra un colpo l’altro, per esempio tra il rovescio e due mani e quello a una mano, oppure nel servizio, ma in linea generale queste indicazioni consentono uno swing fluido e armonico.

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